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Il consumo di suolo nuoce anche alla natura

ISPRA ne parla sulla rivista online scienzainrete.it

Il consumo di suolo (land take nel linguaggio internazionale) rappresenta la sottrazione di superfici naturali (foreste, aree umide, ecc.) e semi-naturali (suoli agricoli, ecc.) da parte di forme artificiali di uso del suolo stesso. Le aree artificiali includono edifici, strade, parcheggi, aeroporti, impianti industriali, commerciali, turistici e sportivi, cave, miniere, siti per la raccolta e la gestione dei rifiuti. Queste trasformazioni, benché avviate millenni addietro, si sono intensificate negli ultimi due secoli, continuando ad alterare il nostro paesaggio e l'ambiente, lasciando impronte pesanti, il più delle volte irreversibili, e provoca l'impermeabilizzazione del suolo. Il land take contribuisce all'inquinamento di origine diffusa delle acque, limitando la capacità dei suoli di filtrare le acque e di regimare i flussi delle precipitazioni, con conseguente aumento dei fenomeni di dissesto idrogeologico e dell’erosione e la riduzione del potenziale di ricarica delle acque sotterranee e di qualità dell'acqua.

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