Istituto Superiore per la Protezione
e la Ricerca Ambientale

Cerca

Progetto "Mare E….state in salute - Meduse nel Mar Mediterraneo"

Da un'idea dell'ISPRA e dell'Assessorato per la Sanità della Regione Siciliana.

24 agosto

Come individuare le specie di meduse da evitare oppure come identificare quelle da ammirare? Con quali modalità si espandono e dove si dirigono? A queste domande e per la divulgazione di corrette informazioni sul fenomeno meduse per una balneazione sicura, in particolare nei mari della Sicilia, è nato il progetto "Mare E….state in salute - Meduse nel Mar Mediterraneo", da un'idea dell'ISPRA e dell'Assessorato per la Sanità della Regione Siciliana.
La campagna ha l'obiettivo di promuovere un' informazione adeguata che eviti inutili allarmismi e che, al tempo stesso, possa prevenire e mitigare i danni derivati dalle meduse, introducendo buone pratiche di primo intervento e di auto-medicazione.

Il progetto, al secondo anno di realizzazione nei mari siciliani, ha coinvolto diversi settori; le unità operative di educazione alla salute delle ASL provinciali, le guardie mediche e, per la prima volta, gli operatori degli stabilimenti balneari: anche gli assistenti bagnanti sono coinvolti con corsi di formazione non solo per riconoscere le meduse più pericolose, ma anche per soccorrere in caso di contatto urticante. Inoltre, docenti della clinica dermatologica delle università di Catania e Palermo hanno fornito il supporto per la realizzazione di un vademecum di primo intervento in caso di contatto con la medusa, contenente anche informazioni sul primo soccorso sanitario da fornire.

"L'attività dell'Istituto", ha affermato Franco Andaloro dell'ISPRA, ideatore della campagna, "è di fondamentale importanza perché mirata alla formazione degli operatori di riferimento, mediante la realizzazione di opuscoli e manifesti divulgativi, con schede di riconoscimento delle specie urticanti e di quelle innocue e la creazione di un sistema di allerta qualora le meduse rappresentino un problema per i bagnanti".

L'opuscolo, distribuito gratuitamente presso le Guardie mediche e gli stabilimenti balneari di tutta la Sicilia, aiuta soprattutto a comprendere meglio caratteristiche e tipologie delle meduse nei mari italiani; esse rappresentano infatti un fenomeno complesso ed articolato, con risvolti di natura ambientale ed implicazioni su pesca, turismo e salute. In particolare in Sicilia, può assumere un impatto maggiore per la tradizionale diffusione delle attività di balneazione, legate alle condizioni naturalistiche e climatiche e alla vocazione turistica e marinara dell'isola. Le conseguenze gravi o invalidanti sulla salute possono considerarsi estremamente rare, ma ogni estate - e soprattutto negli ultimi anni - il grado di preoccupazione pubblica aumenta in relazione all'espansione del fenomeno invasivo.


Conosciamole meglio: la medusa più diffusa nei nostri mari la Pelagia noctiluca, detta anche medusa luminosa, per la sua capacità di emettere luminescenza. Essa è dotata di un'ombrella a cupola con margine sfrangiato da cui originano lunghi e sottili tentacoli. Negli ultimi decenni è comparsa saltuariamente lungo le nostre coste, mentre da qualche anno a questa parte è ormai stabilmente segnalata in tutte le stagioni. Sono noti casi in diverse località siciliane, in cui questa specie ha reso vane le attività di pesca per alcuni giorni e per determinati attrezzi, poiché andava ad intasare le reti dei pescatori.
Un'altra specie urticante segnalata nei mari siciliani è la Physalia phisalis (caravella portoghese), considerata estremamente rara nel Mediterraneo, con apparizioni periodiche di tipo sporadico, e non mostra in questi anni una tendenza ad aumentare. Sulla sua frequenza si è concentrata di recente la preoccupazione dei bagnanti; di provenienza atlantica, essa è stata segnalata anche nelle acque dello Stretto di Messina. Questo organismo in realtà non è una medusa vera e propria, ma un sifonoforo, cioè una colonia di polipi, ed è facilmente riconoscibile per la caratteristica forma a sacca galleggiante con lunghi tentacoli blu.
E' comunque opportuno specificare che gli effetti più gravi per la salute umana sono causati da individui di grandi dimensioni, che finora non sono mai stati segnalati nelle nostre acque.

Non tutte le meduse sono pericolose; alcune di queste meduse, quali Rhizostoma pulmo e Cotylorhiza tuberculata, svolgono un ruolo importante nell'ecologia di molte specie ittiche; ad esempio, i giovanili di ricciola, suri, sugarelli ed altri carangidi passano le loro prime fasi di vita e di crescita all'ombra di queste meduse, dove trovano cibo e protezione dai predatori.

Infine, i grandi banchi segnalati in questi giorni sulle coste liguri e della Corsica appartengono alla specie Velella velella, più nota come "barchetta di San Pietro". Non è una medusa ma un piccolo sifonoforo galleggiante, di colore azzurrognolo argentato, dotato di una cresta cornea che funge da vela. La specie vive infatti sulla superficie del mare e si sposta grazie al vento. Essa non è pericolosa per l'uomo ma anzi è ritenuta dai pescatori di buon auspicio per la pesca.

Perché le meduse hanno scelto proprio le nostre coste? La loro diffusione è legata con ogni probabilità a più fattori concomitanti, dipendenti sia da agenti di carattere ambientale, sia da cause più propriamente ecologiche e biologiche. I cambiamenti climatici che si sono verificati negli ultimi anni, caratterizzati anche da un aumento della temperatura delle acque, possono aver favorito la riproduzione e la proliferazione di questi organismi marini.
L'inquinamento, la distruzione degli habitat e di certi ecosistemi naturali e l'eccessivo sfruttamento delle risorse ittiche, ha inoltre portato ad una diminuzione dei predatori naturali, come alcune specie di pesci e tartarughe, che non sembrano più riuscire a contenere l'abbondanza di questi celenterati. Questa alterazione della catena alimentare marina diventa ancor più grave se si considera che le meduse si nutrono anche di uova e larve di pesci, determinando un calo degli stock ittici che sono bersaglio delle attività di pesca.