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MONITORAGGIO AMBIENTALE IN UN IMPIANTO DI PISCICOLTURA IN GABBIE IN MARE APERTO O SOTTO COSTA

Raramente negli impianti di gabbie in mare aperto è possibile rilevare con il normale monitoraggio un effetto diretto delle strutture e dell’attività produttiva sulla qualità dell’acqua, anche a breve distanza dai bordi delle installazioni. Ad esempio è difficile rilevare un deficit di ossigeno attorno alle installazioni produttive, per via della grande massa di acqua diluente e delle correnti, ed ancora meno è possibile rilevare l'azoto ammoniacale. Tuttavia, parte del materiale fecale assieme ai residui di mangime, precipitano in un areale bentonico attorno alle installazioni, con una proiezione geometrica sul fondale che è funzione delle correnti prevalenti ed è quindi possibile rilevare, effettuando il monitoraggio mediante campionamenti, su punti critici (da valutare caso per caso in funzione delle correnti, della batimetria e di altre caratteristiche locali), la presenza di solidi in sospensione od in sedimentazione. Può essere possibile rilevare, in prossimità delle strutture od anche lungo le correnti che lasciano la struttura, una riduzione di trasparenza dell’acqua (misurata con il disco di Secchi) e presenza di clorofilla in quantità superiore rispetto ai punti scelti come "bianco", parametri rivelatori di un potenziale impatto dell'allevamento sull'ambiente esterno.
Sul fondale sarà quindi possibile monitorare carbonio organico, riduzione dell’ossigeno nell’interfaccia acqua-sedimento, granulometria, aumento delle cariche microbiche aerobiche ed anaerobiche, riduzione della biodiversità tra le popolazioni di invertebrati. Le sostanze organiche, se la morfologia del sito e le correnti lo consentono, verranno disperse sui fondali profondi e mineralizzate. Caso più complesso è rappresentato da strutture ormeggiate sotto costa, con limitati scambi idrici col mare aperto. Un effetto pur indiretto sulle popolazioni bentoniche o sulle popolazioni planctoniche vicine alla riva, compresa la produzione primaria, potrà essere anche marcato. Lo stesso discorso riguarda siti quali baie chiuse, protette da isole, golfi di limitate dimensioni, fiordi, con limitato ricambio delle masse d’acqua. In questi casi una lenta dispersione dei parametri descrittori dell’attività produttiva fa si che questi siano presenti in forma concentrata e persistente, quindi con un più evidente effetto sul dominio planctonico, oltre che sulle popolazioni bentoniche, con la possibilità di interferire con la produzione primaria della costa causando fenomeni di eutrofizzazione localizzati, talvolta anche marcati.
In tutti i casi l’effetto dell’attività produttiva in un impianto in mare aperto dovrà essere monitorato facendo riferimento ad un’area scelta accuratamente come “bianco”.
La distanza dalla riva, l’altezza e la natura dei fondali, l’apertura della costa, la direzione e la velocità delle correnti, l’andamento delle maree, la presenza del termoclino o di un aloclino, diventano fattori determinanti per l’analisi ambientale degli impianti di gabbie flottanti. Potrà sempre essere opportuno valutare gli effetti sulla pianta del fondale in modo quantitativo, riportando sulla carta curve isometriche dei parametri monitorati. Nei casi in cui sia ragionevole sospettare la propagazione di un effetto verso riva (in funzione della distanza e delle correnti), si potrà programmare un monitoraggio sulle popolazioni planctoniche e sulla produzione di alghe, sulla produzione primaria e sui descrittori dell’eutrofizzazione. Sia negli impianti in mare aperto che in quelli situati in aree marine “protette” dalle correnti, il monitoraggio dell’ambiente bentonico deve comprendere la ricerca di residui dei farmaci potenzialmente od effettivamente utilizzati, così come dei prodotti antifouling utilizzati sulle reti o sulle strutture. La valutazione sui possibili effetti di interazione genetica tra i ceppi allevati e le popolazioni selvatiche non è al momento proponibile con metodologie di routine. Una eventuale indagine in tal senso potrebbe essere presa in considerazione solamente in casi particolari, qualora altre indicazioni provenienti da studi ambientali facessero propendere per un effettivo episodio di inquinamento genetico. Anche in questo caso comunque, tenendo conto del fatto che un’alterazione genetica tra le popolazioni selvatiche potrebbe trovare causa anche in eventi estranei all’acquacoltura, un’indagine od un monitoraggio genetico dovrà prendere in considerazione tra le possibili cause tutte le attività antropiche o naturali di un certo rilievo verificatesi nella regione.

In sintesi, un monitoraggio sufficientemente indicativo può essere effettuato determinando alcuni parametri di base all’interno delle gabbie (pH, NH4+, O2, solidi sospesi, disco di Secchi, eventualmente clorofille), a differenti profondità (fondo, intermedia e superficie), estendendo tale monitoraggio all’areale circostante le gabbie nel raggio di 50, 100, 300 metri, su quattro assi di fuga ortogonali, uno dei quali sia corrispondente alla direzione delle correnti presenti al momento del monitoraggio. Parametri di contorno, utili per l’interpretazione dei dati, saranno salinità e temperatura. Come punto (colonna) di controllo o “bianco”, si sceglierà un sito di campionamento a distanza ragionevolmente sufficiente da non subire interferenze. L’analisi dei sedimenti (potenziale red-ox, ossigeno nell’interfaccia acqua-sedimento, carbonio organico totale, presenza di macroinvertebrati e classificazione, granulometria a strati con carotaggio) assieme alla mappatura di eventuali posidonieti, deve inoltre essere effettuata lungo almeno 8 assi di fuga isoangolari dalla proiezione delle gabbie, uno dei quali dovrà corrispondere alla direzione della corrente dominante. Come riferimento si sceglierà un sito sufficientemente lontano, paragonabile per batimetria e per granulometria del sedimento, posto a monte rispetto alla corrente dominante.
Per una interpretazione e per un giudizio finale sulla qualità delle acque costiere si dovrà in ogni caso tenere conto della Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2000 n. 60 che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque.