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ELEMENTI
DESCRITTIVI DEL CICLO E ASPETTI DI CUI TENERE CONTO NELL'ANALISI AMBIENTALE
INIZIALE DI UN IMPIANTO DI PISCICOLTURA IN VASCHE A TERRA ALIMENTATO CON ACQUA
DOLCE
L’allevamento del pesce in acque dolci
in Italia comprende essenzialmente due tipologie, da un lato l’allevamento in
acque fredde, adatte ai salmonidi (prevalentemente troticoltura), dall'altro l’allevamento in acque temperate, prevalentemente costituito
dall’anguillicoltura ma anche dall’allevamento di altri gruppi o specie,
quali ciprinidi, ictaluridi, siluridi, storioni, persico. L’allevamento
avviene in impianti composti da batterie di vasche con acqua ricambiata in
continuo, attraverso idonee canalizzazioni o tubazioni, con acque deviate a
ridosso e a valle dei torrenti o di sorgenti di altra natura (fiumi, sorgenti,
pozzi profondi, pozzi artesiani, laghi, canali).
I due principali tipi di acquacoltura si differenziano notevolmente, per via
delle differenti esigenze di temperatura, qualità dell’acqua, frequenza del
ricambio idrico, alimentazione e per le differenti caratteristiche biologiche e
comportamentali tra i vari gruppi tassonomici.
Le vasche possono essere di differente tipologia, sono spesso costruite in
calcestruzzo, oppure in terra, talvolta con impermeabilizzazione creata mediante
la posa di teli di materiale plastico, hanno dimensioni variabili, in funzione
delle scelte aziendali e delle diverse fasi di ingrasso. Il pesce allevato
può essere venduto vivo per la pesca sportiva, per l’acquariofilia, per il
ripopolamento delle acque libere o per il reclutamento presso altre aziende che
praticano l’ingrasso, oppure destinato al consumo alimentare. Anche in
quest’ultimo caso può essere trasportato vivo ai mercati, oppure macellato,
incassettato ed indirizzato al consumo alimentare o all’industria della
trasformazione-conservazione.
Benché eventi patologici possano interessare tutte le fasi dell’allevamento,
è comunemente riconosciuto che la fase più critica sia costituita dal
preingrasso, quando gli avannotti entrano per la prima volta in contatto con un
ambiente non protetto. Malattie infettive ed infestive sostenute, virus, batteri,
miceti, parassiti quali protozoi, vermiformi, crostacei, possono essere
favorite
da una condizione di ambiente sub-ottimale in grado di causare una risposta
degli animali caratterizzata dal quadro dello stress. Cause frequenti di stress
negli allevamenti sono rappresentate da fluttuazioni di temperatura
dell’acqua, ipossia acuta ricorrente o cronica, sovrassaturazione in gas
totali, sbalzi di pH, presenza di elevate concentrazioni di anidride carbonica,
elevate concentrazioni di residui azotati quali ammoniaca indissociata e
nitriti, di solidi in sospensione o persistenza di inquinanti presenti nelle
acque prelevate. Altri eventi stressanti possono essere rappresentati dalle
operazioni di gestione dell’impianto, trattamenti terapeutici, erronea
strategia alimentare, manipolazione e trasporto, popolazioni disomogenee,
presenza di predatori (uccelli ittiofagi, piccoli mammiferi), eccessiva
insolazione, gas tossici provenienti dai fanghi.
Particolare attenzione merita la
strategia di ossigenazione delle acque; fattore ben controllabile con protocolli di gestione aziendale.
L’ossigenazione avviene ancora spesso mediante agitatori meccanici di diversa
foggia, benché sempre più spesso venga adottata l’ossigenazione con gas
puro, stoccato in forma liquida in appositi serbatoi e distribuito nelle vasche
con apposite macchine.
Un altro parametro che riveste elevata importanza ed è gestibile
dall’azienda, è la strategia alimentare. La distribuzione del mangime avviene
secondo piani razionalizzati che comprendono il calcolo della razione ottimale
in quantità percentuale rispetto alla biomassa all’ingrasso, alle taglie
medie, temperatura dell’acqua, stato generale dei pesci. La stessa razione,
frazionata in una o più distribuzioni giornaliere, può essere distribuita a
mano da operai specializzati oppure, come avviene più comunemente, mediante
distributori automatici di mangime (mangiatoie) regolati mediante temporizzatori
ed altri meccanismi meccanici od elettromeccanici. Presso alcune aziende vengono
utilizzate mangiatoie a richiesta (self-feeding)
oppure sono allo studio controlli a feed-back
delle mangiatoie, basati sul monitoraggio dell’appetito del pesce, al fine di
non disperdere mangime e nello stesso tempo di evitare un razionamento
insufficiente, tuttavia quest’ultima tecnologia richiede ancora interventi di
ricerca e di sviluppo prima di diventare affidabile per gli impianti a terra.
Una sintesi delle operazioni richieste in questo tipo di impianto, pur con
differente frequenza, comprende trasporto e distribuzione del pesce di nuovo
reclutamento, selezione delle taglie, preparazione dei pastoni (anguillicoltura),
distribuzione del mangime o riempimento delle mangiatoie, controllo
dell’integrità delle strutture dell’allevamento (griglie di scarico,
gargami, pompe, ossigenatori, canali, mangiatoie, reti anti-uccelli, reti
ombreggianti), pulizia delle vasche con rimozione del fango e di eventuali pesci
morti, monitoraggio sulla qualità dell’acqua in ingresso, all’interno delle
vasche ed in uscita, monitoraggio sul pesce (performance zootecniche e stato di
salute), eventuale terapia antibiotica e/o disinfettante, vaccinazioni e richiami
vaccinali, cattura del pesce per la selezione delle taglie o per l’alienazione
commerciale, macellazione, trasporto ai locali di confezionamento.
Le apparecchiature e le attrezzature necessarie comprendono trattori ed altri
mezzi mobili, escavatori, generatori elettrici supplementari, pompe di vario
tipo e foggia, macchine selezionatrici, mangiatoie o impianti di distribuzione
del mangime, ossigenatori, aeratori, generatori di flusso, monitoraggi e
controlli manuali o computerizzati (sonde, valvole, strumenti speciali). Alcune
aziende, pur non disponendo di sonde per il monitoraggio dei principali
parametri di qualità dell’acqua come ossigeno e temperatura, operano un
monitoraggio manuale con registrazione dei dati mediante personale di turno,
mentre in altre aziende tali parametri continuano ad essere trascurati.
Le aziende registrano generalmente su appositi libri, oltre ai dati
anagrafici sulle popolazioni in allevamento (numero di individui e taglia media
al reclutamento, morti e taglia, spostamenti di vasca, catturati), anche i dati
zootecnici quali la quantità di mangime distribuito giornalmente,
l’incremento periodico delle taglie medie, eventi di parassitosi, patologie di
qualsiasi genere, cattura finale (numero di capi e taglia media), calcolo dei
fattori di conversione. Il confronto di questi dati tra i vari cicli produttivi
consente di migliorare le condizioni dell’allevamento con progressione
continua. Esistono tuttavia aziende che trascurano la raccolta e la
registrazione di tali dati.
La maggioranza degli allevamenti è presidiata da personale in turno, esistono
tuttavia piccole aziende che ricevono la visita giornaliera per le operazioni di
routine. L’allevamento non può prescindere in ogni caso da altre strutture
logistiche, con locali per il confezionamento, uffici, magazzini, riparazioni di
attrezzature, raccolta e pretrattamento dei rifiuti (pesci morti, residui
della pulizia delle vasche, fanghi, sacchi di mangime vuoti, residui degli
imballaggi, ecc.).
TROTICOLTURA
Nel caso della troticoltura le vasche hanno generalmente la foggia di canali o
raceway, ossia di vasche rettangolari con un elevato rapporto
lunghezza/larghezza, potendo raggiungere, in taluni casi, lunghezze vicine ai
400 m, pur con larghezze nell’ordine dei 10 m. Il ricambio idrico è sostenuto
da un flusso relativamente elevato, in grado di riempire le vasche 6-8 volte al
giorno od oltre. La media delle aziende italiane è caratterizzata da una
produzione annua di trote compresa tra le 100 e le 3000 tonnellate.
In alcuni
paesi del Nord Europa è stata adottata anche per la troticoltura la tecnica del
ricircolo delle acque, generalmente non adatta ai climi italiani per via
dell’eccessivo riscaldamento dell’acqua. Il ciclo produttivo ha una durata media di circa 14 - 16 mesi e la
densità nelle vasche risulta compresa tra 12 e 30 kg di pesce per metro cubo,
sebbene si possano osservare casi, in condizioni di iperossigenazione delle
acque, con densità superiori agli 80 kg/m3.
Le acque di processo destinate agli avannotti di trota devono essere prive di
solidi sospesi, patogeni o inquinanti, per tale motivo, quanto è possibile,
sono emunte da sorgenti spontanee o da pozzi. L’alimento utilizzato in
troticoltura è quasi sempre costituito da mangime pellettato estruso ad alta
energia, contenente il 20-26% di lipidi.
ANGUILLICOLTURA
Nel caso dell’anguillicoltura le vasche sono generalmente di superficie
squadrata o rotonda (pond) con un ricambio idrico molto più limitato rispetto
alla troticoltura (tempo di riempimento generalmente di 24-48 ore). Le aziende
italiane presentano una produzione annua di anguille compresa tra le 30 e le 200
tonnellate. In questo tipo di allevamenti, è adottata in alcuni casi la tecnica
del ricircolo delle acque, con caratteristiche impiantistiche e gestionali
particolari. Il ciclo produttivo ha una durata media di circa 14 - 16 mesi e la
densità nelle vasche risulta compresa tra 12 e 30 kg di pesce per metro cubo,
sebbene si possano osservare casi condotti anche a 250 kg/m3, in
condizioni di iperossigenazione delle acque. Come nel caso degli avannotti di
trota, le acque di processo destinate alle cieche di anguilla devono essere
prive di solidi sospesi. L’alimento utilizzato in anguillicoltura è
generalmente costituito da un pastone preparato fresco con una formulazione
commerciale di farine, benché anche in questo tipo di allevamento venga sempre
più spesso adottato l’alimento granulare estruso, molto più idoneo del
precedente a mantenere la pulizia dell’acqua.
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