Istituto Superiore per la Protezione
e la Ricerca Ambientale

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Trattamenti biologici

 

Tecnologie convenzionali


Attualmente in Italia esistono circa 10.000 impianti di depurazione sparsi su tutto il territorio (censimento NOE 1998). Il sistema tecnologico più utilizzato e diffuso, in modo particolare per impianti di potenzialità medio-alta, è quello a fanghi attivi o a biomassa sospesa. La comunità microbica agisce all'interno della vasca di ossidazione, un reattore biologico alimentato dal refluo ed aerato artificialmente, di solito seguito da un unità impiantistica denominata sedimentatore, che provvede alla decantazione e quindi alla separazione per gravità delle particelle sedimentabili del fango dalle acque. Generalmente nella vasca di ossidazione non giunge il liquame grezzo, bensì pretrattato attraverso sistemi di grigliatura e sedimentazione primaria. Altri tipi di tecnologie prevedono l'utilizzo di biomasse adese su particolari supporti fisici ad elevata superficie specifica, come i biodischi o il "medium" dei letti percolatori, ove la biomassa si sviluppa, cresce e si rinnova svolgendo la sua attività depurativa. In base alle esigenze qualitative del refluo in uscita e per il rispetto degli standard di legge previsti per lo scarico, in molti casi l'effluente proveniente dal trattamento biologico o dalla sedimentazione secondaria può essere sottoposto a trattamenti di finissaggio e disinfezione finale.
I sistemi di depurazione possono essere classificati in base al livello di trattamento dei reflui, cioè in base a quanto è "spinta" la depurazione delle acque.

 

Tecnologie a ridotto impatto ambientale


I sistemi di fitodepurazione e lagunaggio sono definiti dalla normativa sistemi depurativi "naturali". Essi sono in realtà impianti artificiali appositamente progettati e costruiti secondo regole ingegneristiche, per riprodurre i processi autodepurativi caratteristici delle aree umide naturali. Secondo la pratica comune, il termine "naturale" o "a ridotto impatto ambientale" è usato per distinguere questi sistemi dalle tecnologie convenzionalmente applicate ai reflui urbani (sistemi a biomassa sospesa e adesa).
Laddove il contesto ambientale lo consenta può risultare opportuno il ricorso a queste tecniche di depurazione, suggerite dallo stesso D.Lgs. 152/99 come trattamenti appropriati per insediamenti con popolazione compresa tra 50 e 2000 abitanti equivalenti. Inoltre, sempre su indicazione della normativa, tali trattamenti si prestano, per gli insediamenti di maggiori dimensioni, anche a soluzioni integrate con impianti a fanghi attivi o a biomassa adesa, a valle del trattamento, con funzione di finissaggio dell'effluente.
Di fatto, l'applicazione della fitodepurazione rappresenta un'alternativa vantaggiosa, non solo dal punto di vista ambientale, ma anche economico. Infatti, soprattutto in zone rurali in cui non è possibile prevedere l'allacciamento alla pubblica fognatura, le soluzioni proposte sono spesso onerose e non sempre garantiscono un adeguato trattamento dei reflui con il rischio di inquinamento delle falde (come nel caso di pozzi assorbenti o delle sub-irrigazioni).
Il principio di base del processo prevede la coltivazione di piante acquatiche su un idoneo terreno di coltura (naturale o artificiale), e si basa sui principi estrapolati dall'ecologia degli ambienti palustri più o meno saturi di acqua. Gli elementi inquinanti, elaborati e trasformati all'interno dell'ecosistema, diventano sostanze nutritive per le piante coltivate. Tale processo consente di restituire all'ambiente acqua depurata.