Incarichi dirigenziali a pensionati
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO - DIPARTIMENTO FUNZIONE PUBBLICA
CIRCOLARE 4-12-2014 N.6. Interpretazione ed applicazione dell'art.5, comma 9, D.L. n.95/2014, come modificato dall'art. 6 D.L. n.90/2014. (GU N.37 DEL 14-2-2015)
Le modifiche introdotte sono volte a evitare che il conferimento di alcuni tipi di incarico sia utilizzato dalle amministrazioni pubbliche per continuare ad avvalersi di dipendenti collocati in quiescenza o, comunque, per attribuire a soggetti in quiescenza rilevanti responsabilita' nelle amministrazioni stesse, aggirando di fatto lo stesso istituto della quiescenza e impedendo che gli incarichi di vertice siano occupati da dipendenti piu' giovani. Le nuove disposizioni sono espressive di un indirizzo di politica legislativa volto ad agevolare il ricambio e il ringiovanimento del personale nelle pubbliche amministrazioni. Come altre disposizioni vigenti, che gia' limitavano la possibilità di conferire incarichi ai soggetti in quiescenza, esse non sono volte a introdurre discriminazioni nei confronti dei pensionati, ma ad assicurare il fisiologico ricambio di personale nelle amministrazioni, da bilanciare con l'esigenza di trasferimento delle conoscenze e delle competenze acquisite nel corso della vita lavorativa.
La data alla quale occorre fare riferimento, ai fini dell'applicazione del divieto, e' quella della nomina o del conferimento dell'incarico, quindi dell'atto con il quale l'autorità titolare del relativo potere vi ha proceduto, indipendentemente da adempimenti successivi, come gli atti di controllo. Non incorrono nel divieto e rimangono soggetti alla disciplina precedente gli incarichi a soggetti in quiescenza conferiti precedentemente alla suddetta data, anche se alla stessa data il trattamento economico o compenso non era ancora stato definito.
La nuova disciplina e' applicabile, invece, agli incarichi non ancora conferiti alla suddetta data, anche se sia gia' intervenuta la designazione da parte di un soggetto diverso dall'autorita' avente il potere di nominare o conferire l'incarico, salvo che la peculiare articolazione del relativo procedimento - che preveda, per esempio, la designazione a seguito di procedimento elettorale o di procedura selettiva - non induca ad applicare diversamente il principio tempus regit actum, tenendo conto della fase alla quale il procedimento era arrivato al momento di entrata in vigore della disposizione. Ove, peraltro, l'incarico sia stato effettivamente conferito prima dell'entrata in vigore del divieto e cio' possa essere documentato con certezza, la sua formalizzazione può intervenire anche in un momento successivo.
La nuova disciplina si aggiunge, senza modificarle, alle altre discipline vigenti che pongono simili divieti (si veda, in particolare, l'art. 25 della legge 23 dicembre 1994, n. 724) e che regolano il conferimento di incarichi, quali quelle in materia di incompatibilita' e inconferibilita', di limiti alle spese per consulenze, di limiti retributivi nelle pubbliche amministrazioni, di compensi e rimborsi spese per gli organi collegiali, di gratuita' di specifici incarichi, di cumulo tra trattamento economico e pensione.
L'ambito soggettivo di applicazione dei divieti, per quanto riguarda le amministrazioni interessate, rimane quello già definito dalla precedente versione della disciplina in esame: esso comprende tutte le amministrazioni rientranti nella definizione dell'art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 o nell'elenco annualmente redatto dall'Istituto nazionale di statistica (Istat), di cui all'art. 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, nonchè le autorità indipendenti, compresa la Consob. Devono ritenersi soggetti ai divieti gli incarichi conferiti da qualsiasi organo o ufficio delle amministrazioni in esame, compresi quelli conferiti dai ministri, in quanto organi di vertice dei ministeri, nonche' dagli organi di governo degli enti territoriali e dagli organi di vertice degli enti pubblici e degli altri organismi rientranti nell'ambito di applicazione indicato. Il divieto si estende a qualsiasi lavoratore dipendente collocato in quiescenza, indipendentemente dalla natura del precedente datore di lavoro e del soggetto che corrisponde il trattamento di quiescenza, compresi, quindi, i pensionati degli organi costituzionali.
Sotto il profilo oggettivo , la disciplina in esame pone puntuali norme di divieto, per le quali vale il criterio di stretta interpretazione ed e' esclusa l'interpretazione estensiva o analogica (come chiarito dalla Corte dei conti, Sezione centrale del controllo di legittimità sugli atti del Governo e delle amministrazioni dello Stato, deliberazione n.23/2014/prev del 30 settembre 2014). Incarichi vietati, dunque, sono solo quelli espressamente contemplati: incarichi di studio e di consulenza, incarichi dirigenziali o direttivi, cariche di governo nelle amministrazioni e negli enti e società controllati. Il legislatore ha voluto perseguire gli obiettivi sopra ricordati, vietando il conferimento a soggetti in quiescenza di incarichi e cariche che, indipendentemente dalla loro natura formale, consentono di svolgere ruoli rilevanti al vertice delle amministrazioni.
Un'interpretazione estensiva dei divieti in esame, non coerente con il fine di evitare che soggetti in quiescenza assumano rilevanti responsabilità nelle amministrazioni, potrebbe determinare un'irragionevole compressione dei diritti dei soggetti in quiescenza,
in violazione dei principi enunciati dalla giurisprudenza costituzionale, che ammette limitazioni a carico dei soggetti in questione purchè imposte in relazione a un apprezzabile interesse pubblico (si vedano, in particolare, le sentenze n. 566 del 1989, n. 406 del 1995 e n. 33 del 2013 della Corte costituzionale). Ai fini dell'applicazione dei divieti, occorre prescindere dalla natura giuridica del rapporto, dovendosi invece considerare l'oggetto dell'incarico.
Tra gli incarichi vietati rientrano tutti gli incarichi dirigenziali, compresi quelli di cui all'art. 19, comma 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001 e da disposizioni analoghe. Tra gli incarichi direttivi, tutti quelli che implicano la direzione di uffici e la gestione di risorse umane. Vi rientrano, quindi, anche incarichi in strutture tecniche, quali quelli di direttore scientifico o sanitario, che comportano le suddette mansioni.
Gli incarichi di studio e consulenza sono quelli che presuppongono competenze specialistiche e rientrano nelle ipotesi di contratto d'opera intellettuale, di cui agli articoli 2229 e seguenti del codice civile. In assenza di esclusioni al riguardo, devono ritenersi rientranti nel divieto anche gli incarichi dirigenziali, direttivi, di studio o di consulenza nell'ambito degli uffici di diretta collaborazione di organi politici.
Tra le cariche in organi di governo di amministrazioni e di enti e società controllate, a parte le esclusioni espressamente previste dalla legge (relative alle giunte degli enti territoriali e agli organi elettivi degli enti pubblici associativi), rientrano quelle che comportano effettivamente poteri di governo, quali quelle di presidente, amministratore o componente del consiglio di amministrazione. La nomina in consigli di amministrazione, in particolare, rientra nell'ambito del divieto indipendentemente dalla qualifica in virtu' della quale il soggetto in quiescenza sia stato nominato (per esempio, in qualita' di esperto o rappresentante di una
determinata categoria), dato che il consiglio di amministrazione ha comunque funzioni di governo dell'ente.
Per quanto riguarda gli incarichi dirigenziali o direttivi e le cariche, va poi rilevato che l'ambito di applicazione del divieto e' più ampio rispetto al novero delle amministrazioni nominanti, in quanto la disposizione fa riferimento anche agli enti e alle società controllate: gli incarichi e le cariche, rientranti tra i tipi vietati, sono dunque vietati anche qualora siano conferiti presso enti e società controllati, anche indirettamente, dalle amministrazioni indicate nel paragrafo 3.
Tutte le ipotesi di incarico o collaborazione non rientranti nelle categorie finora elencate sono da ritenersi sottratte ai divieti di cui alla disciplina in esame. Essendo distinti da quelli di studio e consulenza, devono ritenersi conferibili ai soggetti in quiescenza gli incarichi di ricerca, inclusa la responsabilità di un progetto di ricerca. Da questo punto di vista, la disposizione in esame si differenzia da precedenti disposizioni legislative, che distinguono tra incarichi di studio, consulenza o ricerca (incluso l'art. 19, comma 10, del decreto legislativo n. 165 del 2001) e pongono limiti alla possibilita' di conferirli. Peraltro, perche' non si ricada nel divieto di conferire incarichi dirigenziali, gli incarichi in esame non dovranno comportare la direzione di strutture stabili dell'amministrazione, potendo invece comprendere la guida di unita' costituite temporaneamente per la realizzazione del relativo progetto di ricerca. E, perche' non si ricada nel divieto di conferire incarichi di studio, dovra' trattarsi di reale attivita' di ricerca: l'incarico potra' quindi essere conferito soltanto a soggetti che, essendo in possesso di adeguato curriculum scientifico, siano in grado di svolgere un'effettiva attivita' di ricerca. E' bene ricordare poi che gli incarichi di ricerca presuppongono la preventiva definizione del
programma da parte dell'amministrazione (cosi' la citata delibera della Corte dei conti, Sezioni riunione in sede di controllo).
Sono poi ammessi gli incarichi di docenza. Peraltro, per evitare che il conferimento di un simile incarico consenta di aggirare i divieti esaminati, e' necessario che si tratti di reali incarichi di docenza, in cui l'impegno didattico sia definito con precisione e il compenso sia commisurato all'attivita' didattica effettivamente svolta dal singolo destinatario dell'incarico.
Sono esclusi dal divieto, poi, gli incarichi nelle commissioni di concorso o di gara, cosi' come la partecipazione a organi collegiali consultivi, quali gli organi collegiali delle istituzioni scolastiche. Ne e' altresi' esclusa la partecipazione a commissioni consultive e comitati scientifici o tecnici, ove essa non dia luogo di fatto a incarichi di studio o consulenza o equiparabili a incarichi direttivi o dirigenziali.
Per la loro natura eccezionale, non riconducibile ad alcuna delle ipotesi di divieto contemplate dalla disciplina in esame, devono poi ritenersi esclusi anche gli incarichi dei commissari straordinari, nominati per l'amministrazione temporanea di enti pubblici o per lo svolgimento di compiti specifici. Similmente puo' dirsi, ovviamente, per i sub-commissari eventualmente nominati. Infine, essendo specificamente vietate ai soggetti in quiescenza le cariche di governo in enti locali, sono invece consentiti - nei suddetti enti come nelle altre amministrazioni - gli incarichi in organi di controllo, quali i collegi sindacali e i comitati dei revisori, purchè non abbiano, in base alle disposizioni organizzative dell'amministrazione stessa, natura dirigenziale.
Con riguardo agli incarichi gratuiti la nuova disciplina contempla un'eccezione ai divieti che essa impone, disponendo che incarichi e collaborazioni sono consentiti a titolo gratuito, con rimborso delle spese documentate, per una durata non superiore a un anno, non prorogabile ne' rinnovabile. La disposizione serve a consentire alle amministrazioni di avvalersi temporaneamente, senza rinunciare agli obiettivi di ricambio e ringiovanimento ai vertici, di personale in quiescenza - e, in particolare, dei propri dipendenti che vi siano stati appena collocati - per assicurare il trasferimento delle competenze e delle esperienze e la continuità nella direzione degli uffici.