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Foglio 345 "Viterbo" della Carta Geologica d'Italia alla scala 1:50.000

Viterbo_cop_pag_web_small.jpgIl Foglio geologico 345 “Viterbo” alla scala 1:50.000 è attualmente in fase di allestimento per la stampa. Il foglio è stato realizzato con un Contratto di Ricerca tra ISPRA e l’Università degli Studi di Urbino, mediante il rilevamento alla scala 1:10.000 dei depositi vulcanici e sedimentari in esso affioranti, avvalendosi anche della cartografia e dei dati già esistenti alla scala 1:25.000. Le attività hanno riguardato anche l’acquisizione dei dati stratigrafici, sedimentologici e strutturali dell’area, confluiti nella documentazione a corredo del foglio, quale Legenda, sezioni geologiche, schema cronostratigrafico, schema tettonico e Note Illustrative. L’ISPRA ha inoltre curato l’informatizzazione e l’allestimento della BD geologica alla scala 1.25.000.
fig_1_viterbo_small.jpgLe aree occupate dai terreni sedimentari sono state rilevate dall’Università degli Studi della Tuscia, mentre le aree occupate dai terreni vulcanici sono state rilevate dall’Università di Urbino e dall’ISPRA. Nella parte affidata all’ISPRA (quadrante SE del foglio), tutti i rilevamenti e le campionature sono stati condotti ex-novo.
L’area del Foglio 345 “Viterbo” è compresa nel settore del margine occidentale dell’Appennino centrale interessato nel Miocene medio-superiore da una fase tettonica compressiva sinorogenica e dal Messiniano al Pliocene-Pleistocene da una fase estensionale. Questa area è coinvolta nel sollevamento a scala regionale della Toscana meridionale e del Lazio settentrionale, riferibile anche alla risalita di fusi magmatici. Le principali direttrici tettoniche e vulcano-tettoniche hanno un andamento generalmente appenninico; successivamente si sviluppano strutture regionali antiappenniniche ad horst e graben. Il settore orientale del Foglio è caratterizzato dalle potenti successioni terrigene plio-pleistoceniche depostesi nel Graben del Paglia-Tevere, ben esposte nell’area della media valle del Fiume Tevere.
fig_2_domi cimini_nomi_small.jpgIl substrato sedimentario è formato dal basamento carbonatico mesozoico e dal complesso clastico costituito da depositi flyschoidi e depositi postorogenici organizzati in due principali cicli sedimentari.
Lungo le discontinuità nel substrato mesozoico (sistemi di faglie E-O, N-S e NO-SE) si è verificata la risalita di fusi silicatici che hanno alimentato a partire dal Pleistocene inferiore una intensa attività effusiva e una ancora attuale attività idrotermale. 
I depositi vulcanici affioranti appartengono a tre diversi Distretti riferibili al vulcanismo dell'area tosco-laziale caratterizzato dalle serie magmatiche con composizioni da acide ad intermedie della Provincia Magmatica Toscana (Distretto Vulcanico Cimino, più antico) e da quelle potassiche (prevalenti nel distretto vulcanico Vicano) e ultrapotassiche (prevalenti nel distretto vulcanico Vulsino) della Provincia Comagmatica Romana. In particolare nel settore nord-occidentale del Foglio affiorano i prodotti riferibili all’attività dei centri di Bolsena e Montefiascone del Distretto Vulsino, mentre in quello meridionale i prodotti del Distretto Vicano si sovrappongono a quelli più antichi del Cimino.
fig_3_bastioni lavici_small.jpgIl Distretto Vulcanico Cimino (1.36 ÷ 1.29 Ma, Pleistocene inferiore) occupa il settore SE del foglio ed è caratterizzato da diverse fasi di attività durante le quali sono stati messi in posto domi-lava, colate laviche e depositi ignimbritici. L’accurato rilievo alla scala 1:10.000 e le nuove datazioni 40Ar-39Ar delle rocce cimine hanno permesso un avanzamento delle conoscenze sull’evoluzione vulcanica del distretto.
I prodotti del Distretto Vulcanico Vulsino (576 ÷ 127 ka, Pleistocene medio) si distribuiscono radialmente rispetto alla depressione vulcano-tettonica occupata dal lago di Bolsena. L’attività vulcanica si è sviluppata sia in corrispondenza di apparati centrali, con conseguente formazione di caldere, sia in corrispondenza di centri eruttivi situati lungo sistemi fissurali variamente orientati. Nell’ambito dell’evoluzione del Distretto Vulsino sono state distinte cinque “zone” vulcaniche o complessi, in cui i meccanismi e gli scenari eruttivi furono molteplici, con uno spettro delle attività di tipo esplosivo quasi completo (hawaiiano, stromboliano, pliniano, idromagmatico e surtseyano).
L'attività del Distretto Vicano (circa 500 ÷ 90 ka, Pleistocene medio-superiore) è riferibile ad un edificio centrale dalla tipica forma di vulcano-strato con la parte terminale troncata da una caldera eccentrica verso S. Nel Foglio 345 “Viterbo” affiora la parte periferica settentrionale dell’apparato, costituita in prevalenza da vasti espandimenti ignimbritici. L'evoluzione del vulcano di Vico può essere schematizzata in quattro fasi principali. Le prime fasi sono sia di tipo esplosivo che effusivo. I prodotti piroclastici iniziali sono riferibili ad una serie di eruzioni pliniane cui è seguita una imponente attività effusiva con impilamento continuo di colate di lava. Nella terza fase si è avuta la messa in posto delle potenti formazioni piroclastiche note in letteratura come Ignimbriti A, B, C e D (Locardi, 1965), legate ad una attività fortemente esplosiva, cui è seguita una fase finale prevalentemente di tipo idromagmatico.
fig_4_fall vicani e tufo rosso_small.jpgAi depositi vulcanici e vulcanoclastici si associano, nel corso del Pleistocene e dell’Olocene, prodotti di natura prevalentemente ghiaioso-sabbiosa dei cicli sedimentari continentali di ambiente fluviale e fluvio-lacustre, terrazzati e ricoperti da formazioni travertinose.
La peculiarità di questo Foglio risiede quindi nella complessa ricostruzione dei rapporti tra le vulcaniti di tre diversi distretti vulcanici variamente interdigitate ai depositi marini e transizionali del bacino estensionale di margine tirrenico del Paglia-Tevere e/o ai depositi di più cicli alluvionali del Fiume Tevere.
Il rilevamento è stato eseguito in base a criteri litostratigrafici, analizzando anche le facies deposizionali e le relative associazioni. Con l’ausilio dei livelli marker vulcanici presenti all’interno delle successioni è stato possibile effettuare alcune correlazioni con le superfici di discontinuità stratigrafiche (erosione e/o non deposizione) di ordine maggiore definite in aree costiere tirreniche in relazione alle oscillazioni eustatiche ad alta frequenza del Pleistocene (De Rita et alii, 2002). Tali unconformity sono state poi correlate con quelle individuate da Mancini et alii (2003-04) per la media Valle del F. Tevere, che hanno risentito della concomitanza di più fattori non dipendenti esclusivamente dalla dinamica costiera (vulcano-tettonica, aree di subsidenza locale, sviluppo del sistema fluviale, ecc.). In tal modo, le unità litostratigrafiche post-orogene rappresentate in carta sono state inserite, dove possibile, in unità a limiti inconformi (supersintemi e sintemi) utilizzate in legenda come contenitori. Tali UBSU costituiscono uno strumento di sintesi stratigrafica e di coordinamento con gli adiacenti fogli interessati dai medesimi eventi geologici a scala regionale.
fig_5_sedimentario e vulcanoclastico_small.jpgIl risultato è sintetizzato nello schema dei rapporti cronostratigrafici delle unità post-orogene e nella strutturazione della legenda, che favoriscono una lettura integrata di tempi, ambienti di deposizione, natura dei depositi, centri vulcanici di provenienza, superfici di discontinuità, e consentono di ricostruire le diverse fasi geologiche che hanno interessato l’area nella quale i distinti distretti vulcanici si sono sviluppati.
Nella realizzazione del Foglio sono emerse alcune importanti novità stratigrafiche, tra cui la mappatura inedita di affioramenti di alcune unità piroclastiche, il riconoscimento di nuove unità laviche, alcune delle quali con peculiari caratteri chimico-petrografici, il ritrovamento di appoggi stratigrafici tra unità cimine non precedentemente segnalati; è stata condotta una campagna di datazioni 40Ar-39Ar che ha permesso di restringere a meno di 80 ka (Laurenzi et alii, 2014) l’intervallo di attività vulcanica del Distretto Cimino; inoltre, sulla base dell’elaborazione delle stratigrafie di 232 perforazioni, è stata ricostruita la paleo-morfologia del substrato precedente la messa in posto dell’Ignimbrite Cimina e sono stati stimati gli spessori di tale unità.