Istituto Superiore per la Protezione
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Una giornata da Lupi #8

Sulle tracce del grande carnivoro insieme ai tecnici del monitoraggio nazionale del lupo

Sassi di origine vulcanica ricoperti di muschio Foto D. Genta

Tra il mare e i vulcani

La Riserva Naturale Regionale Selva del Lamone si trova nel Lazio a pochi km dal confine con la Toscana. Siamo praticamente nel lembo più a sud della maremma, tra il lago di Bolsena e il mare, un’area fortemente plasmata dalle attività vulcaniche del distretto vulsino. Ad un bivio sulla statale per Farnese incontriamo Moica Piazzai, il funzionario della Regione Lazio che si occupa della raccolta dati sul monitoraggio del lupo e che ci ha aiutati nell’organizzazione di questa giornata.

I due guardiaparco, Alessandro Ceccarini e Andrea Schiavano ci fanno strada su una sterrata che lascia la statale per entrare curva dopo curva nella foresta. Il paesaggio cambia drasticamente e gli ampi spazi della campagna si chiudono in un inestricabile gioco di alberi e fronde. Il sottobosco, un tappeto irregolare di grossi sassi rivestiti di muschio, evoca uno scenario fiabesco. La lava del vulcano, raffreddandosi ha dato origine a queste irregolari rocce dalle forme tondeggianti che catturano la nostra meraviglia. I pochi raggi di sole che filtrano riscaldano le corolle dei timidi fiori primaverili.

Fermiamo le macchine all’inizio del transetto. Ci troviamo in una cella di monitoraggio intensivo gestita dal tecnico Federparchi Paola Fazzi. Con noi oggi ci sono diverse professionalità che partecipano al monitoraggio nazionale del lupo e potremmo dire che la catena di raccolta dati è ben rappresentata.

 

Come funziona la catena del monitoraggio

lupo8-1.pngI tecnici percorrono i transetti (dei sentieri tracciati in aree selezionate secondo un preciso disegno di campionamento) con delle cadenze regolari, registrando gli eventuali segni di presenza (fatte, predazioni, tracce…). Nel nostro caso i tecnici sono i due guardiaparco. I loro dati vengono inseriti con l’applicazione Gaia observer nel database nazionale del monitoraggio del lupo. Moica, come referente per l’area, li controlla. Paola che è la responsabile della cella di monitoraggio (aree 10X10 km all’interno delle quali ci sono i transetti) verifica che non ci siano imprecisioni e li manda a Daniele De Angelis, che aggrega i dati che vengono da ogni coordinatore di area, ne verifica la congruenza spazio-temporale e manda un feedback ai coordinatori di area, in questo caso a Valeria Salvatori, che è la responsabile della raccolta dati dell’Italia centrale (Toscana, Marche, Abruzzo e Lazio). Daniele evidenzia, ad esempio, la mancanza di dati per alcuni transetti. A questo punto la catena con le informazioni sulla qualità dei dati raccolti viene percorsa al contrario, fino ai guardiaparco, per aggiustare eventualmente il tiro della raccolta dati. Su un monitoraggio a scala nazionale questo feedback continuo tra dati raccolti e qualità del campionamento, su scala più ampia, permette di regolare e direzionare quello che viene detto in gergo lo “sforzo di campionamento” necessario per raggiungere gli obiettivi dell’indagine, che sono la base su cui si è sviluppato il disegno di campionamento.

Incrociamo il sentiero Tiburzi, notissimo brigante della zona, che ci ricorda che la maremma è stato un luogo di forti conflitti sociali nel secolo passato. Una rete di sentieri ben segnati permette ai visitatori di percorrere il parco a piedi, scoprendo con la lentezza dei passi le meraviglie del territorio.

Il lupo non era più presente in queste zone dal secolo scorso. Ci sono state delle evidenze del suo ritorno intorno al 2010. Questo ha creato dei conflitti con gli allevatori del posto, che non erano più abituati alla sua presenza e non avevano delle misure per contenere i danni delle predazioni: stazzi notturni per il ricovero del bestiame e cani da guardiania.

“Il progetto Life MedWolf aveva come obiettivo la riduzione del conflitto tra la presenza del lupo e le attività antropiche nelle aree rurali dove si è persa la tradizione culturale alla coesistenza con il predatore. Una delle aree di studio era la provincia di Grosseto e siamo stati invitati nel 2015 a fare un incontro con gli allevatori della Riserva naturale regionale Selva del Lamone, per presentare l’esperienza di alcuni allevatori grossetani con le misure antilupo che stavano avendo successo poco lontano”. E’ la voce di Valeria Salvatori, all’epoca coordinatrice del progetto Life MedWolf e ora coordinatrice per ISPRA del monitoraggio del lupo nell’Italia centrale,”Abbiamo proposto l’uso di cani certificati da guardiania della razza maremmano, l’uso di recinti antilupo e tutti i supporti formativi per mettere in atto queste buone pratiche”. I guardiaparco ricordano quanto le misure adottate, scaturite da quegli incontri, siano state centrali nella riduzione drastica della richiesta degli indennizzi da predazione. L’esperienza, promossa dalla Regione Lazio, è stata un progetto di successo ed è la prova che quando amministrazioni, enti locali, parchi, allevatori, cittadini riescono a dialogare e mettere in piedi azioni comuni, la convivenza lupo zootecnia è possibile.

Arriviamo ad una collina da dove si riescono ad ammirare il monte Amiata e un lembo di mare. Poco più a nord il promontorio dell’Argentario, con il suo profilo da dinosauro addormentato, si immerge nell’acqua.  Il colore rossastro della terra appena arata fa da contrasto ai colori del cielo e del verde in una tavolozza primaverile dai toni irriverenti.

lupo8-2.pngTroviamo una fatta di lupo in buono stato di conservazione e si decide di prelevarla. Verranno presi i consueti tre campioni che poi saranno inviati al laboratorio ISPRA di Ozzano dell’Emilia per le analisi genetiche. Paola e i guardiaparco tirano fuori il kit del raccoglitore di fatte e in pochi minuti l’operazione è portata a termine. Il dato verrà registrato nel database direttamente da Paola tramite l’applicazione Gaia Observer. Essendo presenti in uno stesso punto tutti gli anelli della catena del monitoraggio ripercorriamo, con un po’ di ironia, il viaggio del dato tra i presenti: guardiaparco, Moica, Paola, Valeria, Daniele e ritorno. Sembra che sia tutto a posto per ora.

 

 

 

 

 

lupo8-3.pngPoco oltre uno dei cinque ricoveri notturni per gli animali costruiti dal parco si mostra nella sua essenzialità. La caratteristica principale è una rete robusta che penetra nel terreno per almeno 50 cm, con una parte terminale ripiegata verso l’esterno per evitare che il carnivoro riesca a scavalcarla. Il cancello di ingresso, che è la parte più debole della struttura, deve presentare una traversa

antiscavo sul lato verso il terreno per evitare che i lupi riescano a passare sotto. Un recinto di questo tipo costa il doppio di uno normale, ma nel giro di due tre anni il costo viene ammortato dalla drastica riduzione delle predazioni e quindi dei rimborsi. Come tutte le cose però ci sono dei problemi collaterali: gli animali nel recinto, per troppa prossimità, specialmente nella stagione umida, sono soggetti più frequentemente a batteriosi che provocano zoppie. Poi le pecore, che di notte mangiano, nel recinto vanno foraggiate, mentre se sono in un allevamento brado possono alimentarsi liberamente. Probabilmente l’allevamento brado è stato favorito dai decenni di scomparsa del lupo da queste zone. La bassa maremma, nel dopoguerra, ha visto l’arrivo di molti pastori emigrati dalla Sardegna che hanno introdotto la pecora sarda che produce più latte, pur se più piccola della sopravissana, diffusa nella regione. Le pecore importate, venendo dall’isola dove il lupo è estinto da secoli, non hanno sviluppato comportamenti antipredatori. Gli stessi pastori che si sono trasferiti in queste zone, non avendo mai avuto a che fare con i lupi si sono trovati inizialmente in grande difficoltà. Ogni territorio mostra, nelle sue tradizioni, strategie e difficoltà, il rapporto uomini-lupi. Il monitoraggio che sta avvenendo su scala nazionale non è che un racconto corale di tutto questo.

lupo8-4.pngPaola Fazzi arricchisce con il suo accento di Massa i suoni della giornata “Ho in gestione 21 celle principalmente tra le province di Viterbo e Grosseto. Avevo una esperienza lavorativa pregressa in Toscana grazie al mio lavoro nel progetto Life MedWolf, che mi ha facilitato nella creazione di una rete di volontari di supporto alle attività di campo, composta da Wwf, Associazione Selvatica, dei liberi professionisti, personale della Regione Toscana (Provincia di Grosseto), personale dal mondo venatorio, Parco Regionale della Maremma, Carabinieri Forestali. Nel Lazio è stato inizialmente più complicato perché non conoscevo il territorio, ho impiegato più tempo a disegnare i transetti e individuare le persone da coinvolgere nella rete di collaboratori. Volontari afferenti a Wwf, Cai Lazio, Aigae, Io non ho paura del lupo, Carabinieri Forestali, liberi professionisti son attivi nel monitoraggio oltre al personale della Regione Lazio (Riserva Naturale Regionale Selva del Lamone, Riserva Naturale Monte Rufeno, Provincia Viterbo). La pandemia anche per me è stata un grosso problema  da gestire, sia perché non mi ha permesso di confrontarmi frequentemente faccia a faccia con le persone coinvolte , sia perché le attività di campo affidate ai volontari hanno avuto un forte rallentamento a cui ho dovuto sopperire in prima persona”. La pandemia intreccia e modifica incessantemente le attività del monitoraggio, come del resto le nostre vite. L’ambiente naturale e selvatico, con i suoi tempi e le sue regole, sembra osservare da lontano, con distacco, questo strano presente pandemico che quotidianamente viviamo.

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Il guardiaparco Alessandro controlla una fototrappola mimetizzata tra le foglie di edera Foto D.Genta

Arriviamo ad una fototrappola posizionata sopra un albero. Alessandro e Andrea prelevano la scheda Sd e la passano a Paola per vedere i filmati catturati in questi 20 giorni di attività. Siamo tutti dietro al computer portatile, in ordine sparso per mantenere le distanze, a frugare con gli occhi le immagini che scorrono sul monitor. Finalmente dopo qualche fotogramma compaiono tre lupi che, nella notte, gironzolano sul sentiero alla ricerca di qualche traccia. Grande è la contentezza che ci fa riprendere il passo verso le macchine.

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Il giudizio universale nello scambio della Sd card della fototrappola

Daniele De Angelis parla del suo lavoro di aggregazione e verifica spazio-temporale dei dati. Per qualche motivo le coordinate che vengono prese con l’applicazione o inserite manualmente, possono contenere qualche errore. A volte trova delle fatte di lupo posizionate in Algeria o in mezzo al Tirreno. Sta a lui sistemare questi errori e capire come procede, a livello nazionale, il campionamento dei segni di presenza. Il suo lavoro è prezioso, permettendo anche di aggiustare il tiro in corso d’opera, mettendo in luce, ad esempio, se ci sono aree verso cui potrebbe risultare  opportuno direzionare un maggior sforzo di campionamento.

Dalla selva emergono le nostre macchine, parcheggiate al limitare di un sentiero. La fida Panda di Istituto, dopo questa sosta, è pronta a ritornare a Roma, non prima di amoreggiare con un sasso sulla sterrata. Mentre ci salutiamo Alessandro dice ”Ho iniziato a fare il guardiaparco nel 2004 e oggi posso dire che non potrei fare nessun altro lavoro con tanta curiosità ed entusiasmo”.

traccelupo@ISPRAmbiente.it

Testi e foto Giulio Carcani. Revisione scientifica Paola Aragno

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Paola Fazzi ha in gestione 21 celle con 119 transetti per un totale di 590 km tra Lazio, Toscana e Umbria. Sono state installate 32 fototrappole che vengono “scaricate” ogni 15-20 giorni

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Il contenuto dei video registrati dalla fototrappola vengono visionati sul campo. Si intravede un lupo. Foto D.Genta

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L’intervista sul campo a Valeria Salvatori Foto D.Genta