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Le orchidee come indicatori di qualità ambientale nelle foreste italiane

Autore: Pietro Massimiliano Bianco(1)

 

Tra le famiglie vegetali di particolare interesse ecologico, le Orchidaceae, per le loro peculiari necessità di insetti pronubi e funghi simbionti, sono particolarmente sensibili alle alterazioni fisico-chimiche di suolo, aria e acqua, rappresentando un’interfaccia tra tre comparti del mondo vivente (Plantae, Insecta, Fungi). Il loro sviluppo e la loro riproduzione sono quindi strettamente connessi alla qualità ambientale per la loro forte dipendenza dalle condizioni stazionali (Newman 2009).

La famiglia delle Orchidaceae comprende 880-1.000 generi (Withner 1974) e circa 19.300 -22.000 specie (Dressler, 1993), prevalentemente a distribuzione tropicale, con una massima distribuzione nella regione indo-malese dove si ritiene abbia avuto origine la famiglia, circa 130 milioni di anni fa, distaccandosi dalle Liliaceae, il gruppo progenitore ancestrale (Renz, 1972). La famiglia, congiuntamente a quella delle Poaceae e delle Compositae, è considerata tra le più vaste del regno vegetale (Cronquist, 1981).

L’intera famiglia delle Orchidaceae, a causa del livello di rarità ed endemismo (Rossi 2002) e all’interesse economico nel commercio internazionale, è inclusa in liste di protezione a livello mondiale (CITES, Convenzione di Berna), nelle liste rosse nazionali (Conti et al. 1992, 1997, 2006; Rossi et al., 2013) e internazionali (CEE 1997, IUCN 1994).

Le orchidee presenti in Italia sono tutte terricole e producono numerosi semi caratterizzati da un embrione di poche cellule e con scarse sostanze di riserva. Per la germinazione e la crescita iniziale delle plantule di orchidee—tipico esempio di simbiosi mutualistica tra un fungo ed una pianta superiore—è decisiva l'infezione fungina (Warcup 1973, Clements & Ellyard 1979, Clements et al., 1986, Rasmussen, 1995, Hadley, 1982): l’embrione utilizza il fungo per l’approvvigionamento dell’acqua, dei minerali e per la fissazione del carbonio (Bruns & Read 2000). Il fungo, dopo aver stimolato stimola la crescita dell'embrione, non si ramifica sulle giovani radici, che viceversa vengono infettate da un altro micelio proveniente dal terreno circostante.

Il grado di infezione è correlato con la condizione di saprofitismo; infatti le Orchidee saprofite sono le più infette (Neottia, Corallorhiza), mentre le Orchidee verdi possono essere prive di fungo nella fase adulta (Listera ovata, Orchis sp.pl., Cypripedium calceolus). Altre specie sono infettate in modo fluttuante, con una fase più attiva al momento della crescita vegetativa e della fioritura (Epipactis e Cephalanthera) (vedi ad es. Rasmussen, 1995).

Lo sviluppo di molte specie di Orchideaceae, a partire dalla germinazione del seme, è assai lento e possono trascorrere fino a 15 anni prima che sbocci il primo fiore e si diffondano i primi semi. Una stazione che ospiti una ventina di piante della stessa orchidea può aver richiesto decine di anni per la sua costituzione.

Le caratteristiche della loro ecologia rende le Orchidaceae una famiglia le cui popolazioni, in assenza di attività ecocompatibili,  sono fortemente a rischio per l’alterazione chimico-fisica dei suoli e scomparsa dei funghi simbionti, rarefazione e scomparsa degli insetti pronubi, a causa per esempio delle pratiche agricole intensiva, la frammentazione e la degradazione degli habitat.

I fungicidi e i pesticidi decimano i funghi micorrizici e gli insetti impollinatori impedendo la fecondazione e la germinazione. Anche il compattamento dei suoli contribuisce, come per tutte le geofite, alla loro rarefazione. Le alterazioni dei suoli, in particolare dello strato umico, causando la distruzione dei miceli fungini, portano rapidamente al declino e alla scomparsa di intere popolazioni (Slankis, 1974). Un’altra grave minaccia per le orchidee è la raccolta indiscriminata per ricerca, coltivazione e commercializzazione, che ha portato molte specie sulla via dell’estinzione.

Negli ambiti forestali le orchidee sono fondamentali nell’interpretazione della qualità ambientale e dell’ecosostenibilità della gestione. Infatti le specie nemorali tendono a scomparire per erosione dei terreni e degrado dello strato humico causato da errata gestione, ceduo eccessivo, pulitura del sottobosco e incendi. L’eventuale degrado dei boschi può essere altresì individuato nell’aumento o comparsa al loro interno di Orchidaceae tipiche degli ambienti di margine o addirittura di prateria. Possono ridurre o far scomparire le popolazioni di Orchidee forestali anche diserbanti, fungicidi ed insetticidi utilizzati nelle aree agricole che, in particolare a bassa altitudine, circondano la maggior parte delle aree forestali italiane.

La presenza di Orchidee può quindi a livello territoriale contribuire alla valutazione della qualità ecologica degli habitat forestali e dell’efficacia di metodi di gestione presumibilmente ecocompatibili (Best et al. 1984, Ingeborg 2010).

 

Bibliografia

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(1) ISPRA – Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale, Via V. Brancati, 60 - Roma