Istituto Superiore per la Protezione
e la Ricerca Ambientale

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Le strutture sommerse per il ripopolamento ittico e la pesca ("barriere artificiali")

Considerazioni tratte dalla bibliografia specialistica, con osservazioni sperimentali presso un sito di studio

Parte prima: Considerazioni sull’efficacia delle strutture sommerse in base alla bibliografia specialistica

Sono stati esaminati circa 350 lavori scientifici sul dibattuto tema delle “barriere artificiali” (BA), ossia strutture sommerse che, installate su fondali mobili marini, attraggono  la fauna locale, grazie a stimoli visivi,  acustici e chimici, e/o per la possibilità di trovare protezione dalla pesca o dai propri predatori naturali o di alimentarsi su organismi insediatisi sulle nuove superfici resesi disponibili.

Risulta confermato che gran parte dei lavori scientifici sulle BA sono di natura descrittiva, piuttosto che “investigativa”, in quanto registrano soprattutto i mutamenti che nel corso del tempo avvengono nella composizione in specie degli aggregati di pesci o di altri gruppi animali o vegetali presenti nelle vicinanze o internamente alle BA piuttosto che spiegare i rapporti causali (predazione, competizione spaziale, gradienti di parametri idrologici, ecc.).

A causa della complessità delle relazioni tra le strutture delle BA e le loro funzioni ecologiche prevalenti si è osservato che, se da un lato le BA influenzano le comunità bentoniche ed ittiche dei siti interessati, dall’altro tali mutamenti sono difficilmente determinabili in termini qualitativi e quantitativi.

Infine, l’estensione generalmente modesta delle BA in Italia e la scarsità di piani di gestione che coinvolgano le associazioni dei pescatori (i principali beneficiari dell’intervento), determina spesso l’utilizzo delle strutture sommerse da parte della pesca sportiva/ricreativa e la poca rilevanza per l’attività professionale stessa.

Parte seconda: Caso di studio del Veneto: le barriere artificiali antistanti la Sacca del Canarin (RO)

Si riportano in forma sintetica i dati di una serie di indagini svolte tra il 2005 e il 2010, prima e dopo l’installazione di strutture artificiali (BA) per il ripopolamento ittico, nei pressi di un impianto di mitilicoltura antistante il tratto della costa veneta corrispondente alla Sacca del Canarin. I dati qui riportati riguardano le indagini geofisiche del fondale, della fauna bentonica di substrati duri e della comunità ittica condotte sia prima (fase di bianco) che dopo l’installazione delle strutture (fase di monitoraggio).

I risultati riguardanti i popolamenti animali presenti nei dintorni o sulle varie strutture sommerse evidenziano, nel loro complesso, come gli stessi siano piuttosto ricchi in termini di specie ma modesti in termini di biomassa. Inoltre, sono state riscontrate marcate oscillazioni spaziali e temporali sia in termini quantitativi che qualitativi, a testimonianza del fatto che l’area sia influenzata da una spiccata variabilità naturale più che dall’effetto dovuto alla presenza delle strutture artificiali. Tali risultati possono essere spiegati in parte dai volumi limitati delle installazioni che hanno influenzato in termini quantitativi i gruppi di specie ittiche costiere attratte dai substrati duri. Inoltre, la presenza nella zona di un’intensa attività di pesca illegale a strascico, osservata tramite i rilievi acustici del fondale anche nelle vicinanze delle strutture, ha contrastato e probabilmente ridimensionato l’effetto di ripopolamento esercitato dalla presenza delle barriere artificiali.

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Pubblicazione disponibile solo in formato elettronico

ISPRA
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(Quaderni) Ricerca Marina
3/2012
978-88-448-0545-6