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Inquadramento del problema

Storia recente ed inquadramento del problema

Gli incendi che interessano gli ecosistemi naturali, ad esempio foreste, arbusteti e praterie, sono eventi non esattamente prevedibili, essendo le cause associate al loro sviluppo quasi sempre legati alle condizioni meteorologiche nel breve e nel lungo periodo [Whelan, 1995]. La combinazione di temperature elevate, condizioni topografiche particolari ed assenza di precipitazioni per periodi di tempo prolungato rende qualunque copertura vegetale del terreno più suscettibile e vulnerabile agli incendi [A.P.Dimitrakopoulos and Bemmerzouk, 2003, Hoinka et al., 2009, Pellizzaro et al., 2007, Pyne et al., 1996]. Nel caso delle coperture boschive i rischi sono amplificati da agenti quali tempeste di vento, siccità estrema [Forzieri et al., 2021, Olmo et al., 2021] e attacchi repentini da fitopatogeni [Schelhaas et al., 2003]. Difatti, a causa delle specifiche caratteristiche biofisiche ed ecologiche, gli ecosistemi forestali sono ritenuti tra i più vulnerabili dagli effetti reiterati degli incendi [Lindner et al., 2010].

L’Unione Europea e gli Stati membri da più di un decennio stanno impegnando ingenti risorse per proteggere le foreste e renderle più resilienti ai rischi dettati dagli incendi [Jacome et al.]. Uno degli strumenti che ha visto il maggior sviluppo i questo contesto è costituito dai sistemi di previsione del rischio incendi, che impiegano informazioni satellitari per determinare le precipitazioni pregresse o lo stato della vegetazione e modelli meteorologici per le previsioni del tempo. Come gran parte del sud Europa l’intero territorio italiano è soggetto periodicamente ad incendi, anche se con intensità, stagionalità e frequenze molto differenti nelle diverse regioni. Le peculiari condizioni ambientali e climatiche della penisola italiana favoriscono lo sviluppo di grandi incendi (es. superfici dell’ordine delle migliaia di ettari) principalmente in due stagioni dell’anno.

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Figura 1: Serie storica nazionale del Comando Carabinieri per la Tutela Forestale dal 1980 al 2021 relativa alle superfici bruciate in ettari

Nelle regioni settentrionali dell’arco alpino e prealpino e nelle zone montane e sub-montane appenniniche, caratterizzate da clima alpino e continentale, gli incendi boschivi si sviluppano prevalentemente nella stagione invernale–primaverile, determinati dalla siccità dovuta alla natura fisiografica del territorio o dalle scarse precipitazioni tardo estive ed autunnali. In questi territori la stagione estiva è caratterizzata da frequenti temporali che riducono la frequenza degli incendi. Viceversa, nelle regioni peninsulari e insulari centro-meridionali, caratterizzate da un clima mediterraneo, il fuoco si sviluppa con maggior frequenza e può interessare grandi superfici prevalentemente nella stagione estiva. Pattern di grande scala come onde di calore (heat waves) e venti intensi da sud possono indurre, nei mesi estivi, lo sviluppo di centinaia di incendi che risultano impossibili da controllare. Infine, ci sono regioni che risultano essere interessate dal fenomeno degli incendi durante l’intero corso dell’anno. A causare fenomeni come quegli degli incendi boschivi possono essere sia calamità naturali che attività antropiche [Lovreglio et al., 2012]. In Europa le cause degli incendi forestali sono riconducibili a circa il 4% per cause naturali e un 96% per cause antropiche (eventi accidentali, negligenza e eventi dolosi).

In Italia le cause naturali sono stimate essere causa del 2% di tutti gli incendi e il resto dei casi sono riconducibili ad origine antropica [San-Miguel-Ayanz and et all, 2022]. Sono generalmente considerate cause naturali di innesco degli incendi i fulmini, le eruzioni vulcaniche e processi di autocombustione (spontaneous combustion), in genere associati a processi chimici e microbiologici. Gli incendi di origine antropica sono classificati, ai fini dell'accertamento delle responsabilita', come incendi colposi, involontari e dolosi. Gli incendi colposi sono causati principalmente da comportamenti irresponsabili non finalizzati al concreto innesco di un incendio in ambito naturale. Esempi possono essere i fuochi accesi durante le attività agricole e la gestione del verde che si propagano senza controllo ad ecosistemi forestali; questi fuochi sono impiegati per la combustione di stoppie e ramaglie, o derivati dall’antica attività del debbio (pratica silvo-pastorale) per il rinnovo e il mantenimento delle superfici a pascoli. Altri esempi di cause di incendi colposi, sono i mozziconi di sigaretta gettati a terra in zone naturali, e le braci non completamente spente di fuochi accesi per attività ludico-ricreative. Di differente natura sono invece gli incendi dolosi, ossia appiccati volontariamente per causare danni o per derivarne un vantaggio. Sanzioni e pene, in tutti i casi di incendio boschivo, sono regolate dalla L.n.153 del 21 novembre 2000, capo II art. 10 ed 11, dal codice penale art. 423 bis e dalle modifiche introdotte dal DL. n.120 dell'8 settembre 2021.

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Figura 2: Serie storica nazionale del Comando Carabinieri per la Tutela Forestale dal 1980 al 2021 relativa al relativa al numero di incendi

In genere le condizioni meteo-climatiche possono influire considerevolmente sull’estensione degli incendi [Williams et al., 2019], indipendentemente dai fattori di innesco. Tra le complesse cause sia dirette che indirette alla base delle alterazioni degli ecosistemi [Steffen et al., 2015], assumono un ruolo importante gli effetti delle variazioni climatiche. È stato dimostrato come quest’ultime abbiano determinato variazioni nell’l’intensità degli attacchi di alcuni insetti xilofagi e relative fitopatie (ad esempio associate a climi invernali non troppo rigidi), che hanno reso alcune coperture arboree (sia naturali che artificiali) più vulnerabili e suscettibili ad incendiarsi [Bentz et al., 2010, Canelles et al., 2021, Haynes et al., 2014, Kharuk and Antamoshkina, 2017]. Nonostante diversi studi esistenti a scala globale e continentale enfatizzino il ruolo del clima nel regolare il regime degli incendi sulle componenti naturali e semi-naturali, tutt’oggi non è dimostrabile con certezza per il nostro territorio un processo diretto di causa-effetto tra i due fenomeni [Bowman et al., 2009].

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Figura 3: Serie storica nazionale del Comando Carabinieri per la Tutela Forestale dal 2001 al 2021 relativa alla scomposizione delle aree bruciate in aree forestate e non forestate (quali: aree agricole, prati pascolo, aree prative, verde urbano)

In Italia, il Corpo addetto alla raccolta dati, all’analisi, alla prevenzione e alla lotta attiva per gli incendi boschivi è il Comando Unità Forestali, Ambientali e Agroalimentari (CUFAA), dell’Arma dei Carabinieri, il quale colleziona dati dal 1980. L’analisi degli ultimi quarant’anni di questi dati narra come la superficie complessiva percorsa da incendi boschivi (vd. Figura 1) e il numero di incendi boschivi (vd. Figura 2) siano mediamente in diminuzione grazie alla maggiore attenzione alla prevenzione e all’organizzazione dei mezzi operativi di contrasto, come l’impiego della flotta aerea ed il coordinamento degli interventi a scala nazionale ed europea. Un ruolo determinante per la diminuzione in media delle superfici percorse da incendio è riconducibile all’emanazione della legge 353/2000 per la conservazione e la difesa dagli incendi del patrimonio boschivo, che prevede l’approvazione dei piani regionali per la programmazione delle attività di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi, il catasto delle aree percorse dal fuoco e pesanti sanzioni. Dall’analisi degli ultimi vent’anni, si osserva comunque come tra il 40 ed il 50% del territorio colpito da incendio sia generalmente costituito da consorzi forestali, con l’eccezione del 2017, anno in cui la percentuale aumenta considerevolmente arrivando al 70% (vedi Figura 3).