Istituto Superiore per la Protezione
e la Ricerca Ambientale

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Acque di transizione

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Le acque salmastre fanno parte di aree costiere di transizione, in cui le acque dolci terrestri e salate marine si mescolano, e costituiscono il passaggio naturale tra terra e mare; per la loro posizione, al confine tra questi due ambienti, sono considerati ecosistemi unici e molto produttivi attorno ai quali gravitano numerose attività antropiche.
I differenti tipi di ambienti di transizione si possono a grandi linee classificare in: lagune costiere, stagni salmastri, zone di estuario e altri habitat.

Le lagune costiere
, come ad esempio quella di Venezia, sono state formate dall'azione dei fiumi che trasportano grandi quantità di sedimenti e dalle correnti che li dispongono orizzontalmente e parallelamente alla costa, formando un cordone litorale (insieme di lidi) che racchiude così un tratto di acque separato dal mare, in cui penetrano sia le acque costiere che quelle continentali; esso è dominato dalle maree in quanto comunica con il mare attraverso alcuni sbocchi o foci lagunari.

Gli stagni costieri
, come Orbetello, sono specchi d'acqua costieri, con mescolanza di acque dolci e marine, separati dal mare da una lingua di terra (cordone litorale, freccia litorale, tombolo, etc.), che a volte comunicano col mare attraverso stretti canali; questi sono caratterizzati da bassi fondali e, diversamente dalle lagune, non sentono l'influenza delle maree pur possedendo sbocchi al mare.

Altri ambienti
sono i canali di drenaggio, baie riparate e foci di fiumi temporanei.

Le zone di estuario
sono quelle in cui le acque dei fiumi che si uniscono al mare sono influenzate dalle maree con progressivo mescolamento e presenza di gradienti di salinità e densità; la differenza di densità tra acque dolci e marine per gravità produce una stratificazione verticale della salinità ed un flusso convettivo (circolazione estuarina).
La variabilità dei parametri fisico-chimici, climatici e morfologici tra ambienti appartenenti alla stessa tipologia è però tale che ogni area costituisce un ambiente a se stante con caratteristiche peculiari difficilmente generalizzabili e classificabili.
Le lagune costiere sono ambienti molto complessi da analizzare in quanto vi sono numerosi fattori che concorrono a rendere tali ambienti molto variabili; la morfologia di ogni singola area infatti viene influenzata dalle variazioni annuali, stagionali ed anche giornaliere, sia climatiche (umidità, piogge, temperatura, venti) che fisico-chimiche (salinità, ossigeno, composizione ionica). Questi elementi a loro volta si influenzano a vicenda, definendo particolari condizioni di eterogeneità spaziale e temporale nelle stesse aree; si vengono così a creare numerosi gradienti come quello di salinità con maggiore salinità verso il mare e minore risalendo verso l'interno del bacino; la variazione è poi più o meno accentuata a seconda della morfologia del bacino e della presenza o meno di fiumi e sbocchi al mare.
L'alta variabilità produce ricchezza e diversità di habitat e di biocenosi e un ambiente tanto produttivo da essere utilizzato da specie permanenti e migratorie come nursery, per la protezione che offrono e l'abbondanza di cibo che vi si trova.
La presenza di grandi biomasse con alta produzione primaria e secondaria rende tali ambienti economicamente importanti dal punto di vista antropico per la pesca, l'acquacoltura e le altre attività.

Ambienti fragili, da tutelare
Le acque di transizione, proprio per la grande variabilità e presenza di diversi gradienti, sono però molto fragili e soggette facilmente a crisi distrofiche; queste rappresentano il livello più grave di un lungo processo che inizia con alte produzioni primarie e di biomassa vegetale, elevato consumo di ossigeno fino ad arrivare alla completa anossia con produzione di idrogeno solforato e morie diffuse delle specie in tutti gli habitat presenti. Ciò avviene generalmente per effetto sinergico di un insieme di condizioni, che si verificano durante la stagione estiva e in bacini a basse profondità, quali le alte temperature e la stagnazione delle acque per scarso ricambio idrico.
Nonostante questa fragilità, tali aree salmastre hanno la capacità di tornare, al variare dei fattori sopra descritti, alle condizioni iniziali dimostrando di essere ecosistemi con una certa resilienza (cioè la capacità di un ecosistema di ristabilire le condizioni iniziali in tempi brevi dopo aver subito perturbazioni anche di notevoli entità) e una stabilità di fondo dovuta anche agli adattamenti di carattere fisiologico delle specie che li popolano.
Le specie selezionate per le aree salmastre sono quelle capaci di sopportare bene gli stress e sono sia caratteristiche esclusive di questi ecosistemi sia popolazioni di specie appartenenti all'ambiente marino o dulcacquicolo che hanno sviluppato adattamenti particolari a queste condizioni.
In casi di stress ambientali, come cattiva gestione o sfruttamento eccessivo di questi ambienti, sedimentazione eccessiva, aumento del livello marino e crisi distrofiche, si verifica una diminuzione qualitativa di specie con perdita di biodiversità e aumento di individui della stessa specie in modo esponenziale. Lo sfruttamento non regolato può portare ad aumento di salinizzazione delle acque e dei terreni circostanti sia a causa dell'estrazione incontrollata delle acque per l'irrigazione agricola che determina afflusso di acqua marina per filtrazione, sia per l'uso di fertilizzanti nelle acque irrigue che vanno ad arricchirsi di sostanza organica.
Proprio per limitare tale perdita di diversità biologica che si è verificata nel passato sia per il degrado che per la scomparsa delle aree salmastre, è nata nel 1971 una convenzione internazionale, la convenzione di Ramsar, il cui scopo è proprio la protezione delle zone umide dallo sfruttamento eccessivo. Una delle aree inserite nelle liste di tale Convenzione è quella dei laghi pontini (Sabaudia, dei Monaci, Caprolace e Fogliano), già appartenente al Parco nazionale del Circeo, nel Lazio. Altre aree umide d'interesse in Italia facenti parte dei 150.000 ettari di ambienti lagunari presenti, sono sempre nel Lazio nella Piana di Fondi il Lago Lungo e il Lago di Fondi oltre alle aree protette di Burano e di Orbetello, la Laguna di Venezia, di Grado e Marano e molte altre.
Negli ultimi anni in Italia e in Europa si è compresa l'importanza di questi ambienti, recentemente inseriti a livello nazionale nella nuova normativa italiana sulle acque (D.lgs 152/99) e a livello europeo nella Water Framework Directive ( 2000/60/Ce), nelle quali è prevista un'azione di controllo della qualità ambientale di tali aree e una regolazione delle attività umane su questi ambienti.